CELF – Focus: Tribunale Arezzo "Gli elementi essenziali del contratto di Interest Rate Swap alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali"

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1. Con la sentenza del 22 dicembre 2022 n. 1359, il Tribunale di Arezzo si è pronunciato su una controversia sorta a seguito della sottoscrizione di un contratto di Interest Rate Swap Multifase. Tale sentenza consolida, ancora una volta, gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza italiana di merito e di legittimità in materia, a partire dalla pronuncia n. 8770/2020[1] delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

2. La controversia sottoposta alla cognizione del Tribunale di Arezzo ha ad oggetto la conclusione di un contratto di Interest Rate Swap Multifase. Il Giudice adito ha ritenuto meritevole di accoglimento la domanda attorea, dichiarando, dunque, la nullità del contratto derivato e condannando la Banca a restituire le somme versate in esecuzione del contratto da parte della Società attrice, oltre agli interessi legali moratori.

I profili di criticità evidenziati dalla Società attrice al Giudice adito riguardavano la mancata comunicazione, contestualmente alla stipula del contratto, degli scenari probabilistici, del valore di mercato del contratto(mark to market) nonché dei criteri per la determinazione del mark to market.

Secondo il Tribunale «la necessaria sussistenza di un’alea “razionale” impone che l’accordo investa il mark to market, (ossia il costo, pari al valore effettivo del derivato ad una certa data, al quale una parte può anticipatamente chiudere tale contratto o un terzo estraneo all’operazione è disposto a subentrarvi), gli scenari probabilistici e la misura qualitativa e quantitativa della menzionata alea e dei costi, pur se impliciti, assumendo rilievo i parametri di calcolo delle obbligazioni pecuniarie nascenti dall’intesa, che sono determinati in funzione delle variazioni dei tassi di interesse nel tempo. Il giudice di merito ha, poi, chiarito che la presenza di tali elementi consente «l’effettiva calcolabilità e dunque la misurabilità qualitativa e quantitativa del rischio del contratto derivato». Contrariamente, secondo il Tribunale «l’omessa esplicitazione degli elementi sopra richiamati rende l’affare connotato da una irresolutezza di fondo che determina la nullità del relativo contratto perché non caratterizzato da un profilo causale chiaro e definito (o definibile)».

Ed ancora, il Giudice di merito adito, consolidando gli orientamenti giurisprudenziali italiani, statuisce che non si tratti «di semplice violazione di obblighi informativi (come tale idonea ad incidere solo sul piano della responsabilità), ma di una carenza che, tenuto conto delle descritte peculiarità caratterizzanti lo strumento in esame, investe proprio l’essenza del contratto, così da cagionarne la nullità strutturale (Cfr. anche Cass. sez. I, 29 luglio 2021, n. 21830; Cass. sez. I, 10 agosto 2022, n. 24654)».

La sentenza in commento prosegue, poi, prevedendo che «(…) Né potrebbe assumere rilievo l’eventuale comunicazione del valore del mark to market in sede di esecuzione del contratto, posto che tale eventualità non sarebbe comunque in grado di sanare l’assenza di accordo sull’indicato valore (nei puntuali termini di cui si è detto in precedenza) inficiante la fase della stipulazione del contratto».

Dai passaggi evidenziati emerge la circostanza per cui non solo vi è la necessità di esplicitare, quali elementi essenziali del contratto, il mark to market, gli scenari probabilistici e i costi impliciti ma occorre altresì che vi sia espresso accordo (su tutti gli aspetti menzionati) da parte dei contraenti. Tale accordo, secondo il Tribunale di Arezzo deve investire, «in modo specifico, completo e dettagliato, l’indicazione del criterio (matematico) con il quale si addiviene al calcolo del menzionato valore. Nel caso di specie, il contratto non esplicita la formula matematica per il calcolo del valore del mark to market, rimettendone la determinazione “in esclusiva” all’ “Agente di Calcolo” e, dunque, sostanzialmente alla discrezionalità e all’arbitrio di una delle parti».

3. L’orientamento prevalente della giurisprudenza italiana individua, quali elementi essenziali dell’Interest Rate Swap, la data di stipulazione del contratto (trade date); il capitale di riferimento (notional principal amount); la data a decorrere dalla quale cominciano a maturare gli interessi (effective date); la data di scadenza del contratto (termination date); le date di pagamento (payments dates); i tassi di interesse (interest rate).

La giurisprudenza prevalente identifica, poi, la causa del contratto di interest rate swap nella negoziazione e nella monetizzazione di un rischio finanziario, per tale via smentendo la tesi che assimila l’Interest Rate Swap ad una mera scommessa.

Ai fini della validità dell’accordo, deve essere verificato il grado di determinatezza (o di determinabilità) dell’oggetto dei contratti. Sul punto, significativi sono gli orientamenti della già citata giurisprudenza di merito e di legittimità italiana, che attribuiscono particolare importanza, inter alia, al mark to market nell’ambito delle operazioni di cui trattasi[2].

È appena il caso di evidenziare come, nei derivati negoziati, la trasparenza sul rischio (quale principio cardine in materia di intermediazione finanziaria) impone che l'accordo tra intermediario e investitore abbia ad oggetto, a pena di nullità, il mark to market, il differenziale di probabilità e i criteri ed il modello utilizzati per calcolarli[3].

In particolare, i contratti derivati, fin dalla loro stipula, devono contenere una precisa misurabilità (rectius, determinazione) dell’oggetto contrattuale, comprensiva sia del criterio per calcolare il mark to market, gli scenari probabilistici e i costi occulti.

In siffatto contesto, ai fini di una maggiore completezza in materia, occorre precisare che un diverso orientamento giurisprudenziale si rinviene nei casi in cui i contratti di derivati siano regolati dal diritto inglese, come emerge dalla sentenza della Hight Court of Justice of England and Wales[4]. In tale pronuncia, la Hight Court, chiamata a decidere l’esito di una controversia sorta tra una Banca e un ente pubblico italiano a seguito della sottoscrizione di un contratto di Interest Rate Swap, prevede che, ai sensi del diritto inglese, non assume rilevanza, ai fini della validità del contratto, l’assenza di accordo tra le parti contraenti in merito al mark to market, agli scenari probabilistici e ai costi occulti[5]

4. In conclusione, come anticipato, il Tribunale di Arezzo, consolidando l’orientamento giurisprudenziale nazionale, ha accolto le domande attoree poiché ha accertato la mancata comunicazione degli scenari probabilistici, dell’indicazione del valore iniziale del contratto (mark to market) e, infine, dell’indicazione del metodo di calcolo per addivenire al valore di quest’ultimo.

Pertanto, ancora una volta, viene consolidata la posizione della giurisprudenza italiana, sia di merito che di legittimità, orientata nel senso di ritenere che l’indicazione del mark to market, l’esplicitazione dei costi impliciti e degli scenari probabilistici devono, a pena di nullità del contratto, costituire espressamente oggetto dell’accordo sottoscritto da tutti i contraenti. 


[1] Da ultimo, tali principi sono stati ripresi, oltre che dalla sentenza in esame, anche dalla pronuncia della Corte d’Appello di Milano, 14 dicembre 2022, n. 393. Si vedano altresì Cass. Civ., 18 giungo 2018, n. 16049; App. Milano, 25 settembre 2018; Trib. Bologna, 3 luglio 2018; Trib. Milano, 7 luglio 2016.

[2] Cass. sez. un., 12/05/2020, n. 8770

[3] Corte d’Appello, Milano, sez. I, 25/09/2018, n. 4242

[4] Pronuncia del 12 ottobre 2021; Si veda, per un maggiore approfondimento in materia, il Focus CELF “La pronuncia della Hight Court of Justice of England and Wales e i contratti stipulati dagli enti locali italiani”, Febbraio 2022.

[5]Sul punto cfr. Sole24Ore il 19 gennaio 2022 “Giurisprudenza italiana divisa sulla validità dei derivati Irs”.

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