Se la quarantena è imputabile ad una condotta del dipendente, la sua assenza è ingiustificata ed il conseguente licenziamento legittimo

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Il Tribunale di Trento, con ordinanza del 21 gennaio 2021, ritiene integrare una giusta causa di recesso la condotta del lavoratore che - consapevolmente - si ponga nella condizione di essere costretto all’isolamento fiduciario di 14 giorni previsto dalla normativa emergenziale, così risultando assente dal luogo di lavoro.

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Una lavoratrice impugnava il licenziamento per giusta causa irrogatele dal proprio datore di lavoro per non essere rientrata in servizio al termine del periodo feriale (trascorso in Albania), poiché costretta ad osservare - al suo rientro in Italia - un periodo di 14 giorni di isolamento fiduciario in ottemperanza alla normativa emergenziale vigente lo scorso settembre 2020.

La lavoratrice riteneva nullo tale licenziamento poiché, per quanto qui interessa, «per insussistenza della giusta causa con obbligo di reintegra».

Posizione che non veniva condivisa dal Tribunale il quale, premettendo come al momento dell’imbarco per l’Albania fosse già ampiamente in vigore l’obbligo isolamento fiduciario per le persone che avevano accesso al territorio nazionale da un Paese estero, riteneva che «la ricorrente, nel momento in cui si recò in Albania per trascorrere le proprie ferie […] era o comunque doveva essere pienamente consapevole che al suo rientro in Italia non avrebbe potuto ritornare al lavoro immediatamente al termine del periodo feriale».

Conoscenza o comunque conoscibilità che, nell’avviso del Giudice, rendeva tale assenza dal lavoro imputabile (non ad una norma imperativa di legge, quanto piuttosto) a responsabilità diretta della lavoratrice la quale si «è posta, per propria responsabilità, in una situazione di impossibilità di riprendere il lavoro alla data prescritta, ossia subito dopo la fine del periodo di ferie».

Circostanza questa idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario, atteso che la relativa assenza dal lavoro, seppur dovuta alla necessità di adempiere l’obbligo pubblicistico di isolamento fiduciario, «non può considerarsi giustificata», in quanto la ricorrente «avrebbe ben potuto evitare di trovarsi assoggettata a detto obbligo astenendosi dall’effettuare il viaggio in Albania durante il periodo feriale».

Considerazione questa che, nell’avviso del Tribunale, nemmeno può essere reputata come un’illegittima limitazione all’esercizio di fruire pienamente delle ferie, posto che «il soddisfacimento delle esigenze di sanità pubblica, sottese alla necessità di contrastare la perdurante situazione di pandemia, ha comportato per ampi strati della popolazione […] il sacrificio di numerosi diritti della personalità, in particolare di libertà civile, anche tutelati a livello costituzionale».

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